Perché le domande “aperte” non vanno fatte ai bambini piccoli
Quante volte, come genitori o educatori, ci siamo trovati a fare ai bambini domande del tipo:
“Vuoi andare a scuola o stare a casa?”
“Dove vuoi andare oggi?”
“Cosa vuoi mangiare?”
Queste domande sembrano rispecchiare il desiderio di rispettare l’identità del bambino, ma in realtà rischiano di creare più confusione che altro. Piuttosto che favorire l’autonomia e la capacità di scelta, si corre il rischio di crescere piccoli “tiranni” incapaci di affrontare la realtà delle conseguenze delle loro azioni.
La capacità di decidere: una competenza che si sviluppa nel tempo
Fino ai 5 anni circa, i bambini non hanno ancora la capacità di fare scelte consapevoli. Le domande troppo generiche li pongono di fronte a una sorta di vuoto emotivo e psicologico. Per poter scegliere, un bambino deve prima sviluppare la capacità di selezionare criteri di scelta, riflettere sulle conseguenze di una decisione e assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Ma fino a un certo punto dello sviluppo, la mente del bambino è ancora dominata dalla magia e dall’animismo, non dal principio di causa ed effetto. Non comprende ancora che ogni azione ha una conseguenza.
Il ruolo dell’adulto: fornire sicurezza e confini
Un bambino piccolo ha bisogno di adulti che prendano decisioni per lui e che creino un “contenitore” sicuro dove possa muoversi liberamente, pur affrontando anche frustrazioni inevitabili. Queste frustrazioni sono importanti perché, se gestite correttamente, aiuteranno il bambino a sviluppare la resilienza e la capacità di superarle.
Non significa che non debba mai imparare a scegliere, anzi! L’adulto deve iniziare a lavorare sulla capacità di scegliere, ma solo in relazione a ciò che il bambino è in grado di comprendere. Per esempio, si può introdurre il concetto di scelta in modo semplice e chiaro, mettendo in evidenza le conseguenze:
“Se porti i tuoi giochi al parco gli altri bimbi li vorranno usare. Giochi insieme a loro o li lasci a casa?”
“Se facciamo i biscotti non possiamo andare al cinema. Cosa preferisci fare oggi pomeriggio?”
E’ sempre l’adulto centrato il garante del principio scelta-conseguenza all’interno di confini stabiliti.
Quindi: “Andiamo a nanna?” diventa: “E’ ora di mettere il pigiama e prepararci per la nanna”. E’ un confine molto sottile, l’adulto crede erroneamente di “rispettare” il bambino quando in realtà egli stesso ha già deciso di portare il bambino a dormire. Ma porre una domanda significa accettarne la risposta e un bambino al 99 % dirà: “no!”. Essere consapevoli e prestare attenzione al nostro modo di parlare riduce i conflitti.
Quando, invece, si comunica in modo chiaro e deciso, come nel caso di:
“È ora di mettere il pigiama e prepararci per la nanna”, l’adulto rimane fermo nella propria posizione, senza aprire la porta a una risposta che potrebbe solo generare frustrazione. Il confine è sottile, ma fondamentale.
Ascolto autentico e rispetto
Essere consapevoli di come parliamo ai bambini, osservando e ascoltando le loro necessità, riduce notevolmente i conflitti. In definitiva, crescere bambini consapevoli delle proprie scelte non vuol dire metterli di fronte a un’infinità di opzioni, ma piuttosto educarli con fermezza e amore, offrendo loro le giuste opportunità per esplorare il mondo in modo sano e protetto.
Laura Mazzarelli
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