Anticipo scolastico: un bisogno del genitore
“Fareste scendere da una pista nera un bambino che non ha mai fatto un pupazzo di neve?”. Con questo esempio una neuropsichiatra infantile si rivolse ad una coppia di genitori che voleva a tutti i costi mandare il figlio alla scuola primaria un anno prima. Mi rimase impressa questa frase.
Ci sono due aspetti importanti da approfondire: da un lato il bisogno degli adulti di far anticipare i tempi ai bambini, di poter affermare che sono “avanti” e dall’altro la conoscenza del processo evolutivo di un essere umano.
La dimensione cognitiva non è l’unico indicatore da considerare
Ancora nel 2025 la dimensione cognitiva viene utilizzata come il principale indicatore per valutare un bambino (“sa contare, sa scrivere il suo nome, sa…usare il cellulare!!!”) spesso tralasciando tutte le altre aree fondamentali per il passaggio alla scuola primaria: emotiva, relazionale, etica, per non parlare delle autonomie.
Sembra che oggi sia importante far fare ai bambini tante cose: devono imparare l’inglese, saper suonare uno strumento, praticare almeno uno sport a livello agonistico, devono saper fare (tralasciando spesso il saper essere).
I genitori a seguito del decreto legislativo 59/2004 possono quindi contemplare la possibilità di mandare a scuola un anno prima i loro figli ma spesso questa decisione risponde a bisogni dell’adulto di cui magari non è pienamente consapevole.
Crescere non è una gara
Nell’ottica dell’anticipo scolastico l’ultimo anno di scuola dell’infanzia viene completamente deprivato della sua importanza formativa e con esso il valore del gioco, che viene interpretato come perdita di tempo nella gara del crescere che caratterizza il nostro tempo. Non a caso molte persone chiamano ancora “asilo” la scuola dell’infanzia perché si sottintende che la vera scuola sia quella dei banchi. E’ opportuno specificare in questa sede che invece la Montessori chiamava “lavori” quelli che la gente comune definiva “giochi” nell’accezione più superficiale del termine. Quanto sono importanti le parole!
Processo evolutivo del bambino secondo le neuroscienze
Ecco allora che entriamo nel vivo del secondo punto: quanto è importante conoscere il processo evolutivo di un essere umano nei primi sei anni di età? Le neuroscienze ci dicono che è fondamentale che il cervello del bambino abbia raggiunto un adeguato livello di maturazione per poter rispondere a determinate richieste. Una maturazione che non sia semplicemente da riferirsi al piano cognitivo ma anche a quello emotivo, che consenta al bambino di stare a fronte ad un errore, di attraversare una frustrazione senza sgretolarsi. Una maturazione che tenga conto anche delle autonomie, della pianificazione motoria, dell’attenzione visuo-spaziale, dell’orientamento spazio-temporale, dell’area linguistica nel suo complesso, della capacità di concentrazione, dell’interesse per la letto-scrittura.
Anticipare a volte crea “ritardo”
Mandare un bambino alla scuola primaria con un anno di anticipo significa esporlo a richieste che potrebbero essere troppo complesse per lui, determinando potenziali difficoltà nel suo percorso scolastico che magari non sono visibili nell’immediato ma che si accentuano quando, a partire dalla classe terza ad esempio, si inizia a studiare nel senso vero e proprio del termine. E sarebbe un peccato che un bambino associasse la bellezza del sapere e dell’apprendere alla fatica e all’inadeguatezza, che si trovasse costretto a rincorrere gli altri (a volte anche più grandi anagraficamente di un anno e mezzo).
Valutare ogni caso
Quindi bisogna chiedersi le motivazioni profonde di questa scelta. Di certo ci sono anche i singoli casi specifici che però vanno valutati coi professionisti in un confronto sul processo di crescita del singolo e sulle sue caratteristiche, anche a partire dai diversi contesti in cui viene osservato.
Laura Mazzarelli
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