Quando un bambino dice “no!” la prima cosa da fare è non prendere quel “no” sul piano personale. Non ce l’ha con noi, non ci sta sfidando. Il segreto è: disinnescare e dare confini chiari.
Situazioni ipotetiche
Facciamo un esempio. Il bambino in spiaggia grida: “No, non voglio mettere la crema! Ho detto che non la voglio!”
Nell’ ipotesi 1 l’adulto dirà: “Ma possibile che è sempre tutto no?! Adesso basta, vieni qua e ti metti la crema!” E la conseguenza sarà uno scoppio della situazione ed ennesimo diverbio. E quindi il genitore sarà stressato e il bambino etichettato come capriccioso.
Nell’ ipotesi 2 l’adulto invece dirà: “Hai ragione, a volte è proprio noioso mettere la crema. Ci sentiamo un po’ appiccicosi vero?”
Si accoglie, si disinnesca, non si personalizza. Il bambino non prosegue con la stessa intensità sulla stessa frequenza ma si apre all’ascolto.
“Quando avremo messo la crema andrai a fare il bagno, altrimenti possiamo giocare qui sotto l’ombrellone”
Parlare al plurale
Si parla al plurale e il bambino sente che c’è un “noi”, si aprono delle possibilità usando il “quando”, si lascia una scelta che però è tutelata dall’adulto che mette confini chiari e necessari. Dovrebbe già bastare così. Il bambino si sente ascoltato e guidato con chiarezza.
Amorevole fermezza
Nel caso il bambino proseguisse: “Ma io voglio fare il bagno senza crema!” L’adulto aggiungerà: “Capisco, ma questa non è un’opzione, puoi scegliere tra le due cose che ti ho detto prima”.
Ecco l’amorevole fermezza: l’atteggiamento dell’adulto che riconosce se stesso come guida dotata di saggezza ed esperienza e che si traduce nella capacità di mettere punti fermi per proteggere l’integrità fisica, emotiva e morale del proprio figlio.
Laura Mazzarelli
Per approfondimenti:
Webinar registrato: Regole e limiti: da impedimento a sentimento.”
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