Cosa ci succede quando al buio cerchiamo un oggetto?
A chi non è capitato di svegliarsi nel cuore della notte e di cercare qualcosa al buio? La nostra mano inizia a tastare la superficie del comodino e a partire da un’analisi di forma, peso, consistenza, temperatura dei diversi oggetti riesce a discriminare se si tratta della bottiglietta d’acqua, del pacchetto di fazzoletti, della sveglia e riesce a farci trovare proprio ciò che stiamo cercando. Il cervello riceve tutte le informazioni attraverso i recettori sensoriali e ci dice: “ok, è giusto, questi sono i fazzoletti, puoi soffiarti il naso!”.
Come il cervello visualizza il nostro corpo
Questo mostriciattolo non è altro che la rappresentazione grafica di come il nostro cervello visualizza il nostro corpo, l’homunculus somatosensoriale nato dagli studi del neurochirurgo canadese Wilder Penfield. Le aree rappresentate sono tanto più grandi quanto maggiore è la loro importanza ai fini della percezione sensoriale. Aree cutanee come quelle della lingua o della punta delle dita possiedono un numero elevatissimo di recettori: è per a questo che la mano è uno strumento estremamente sensibile!
Allo stesso modo, anche la capacità che le diverse parti del nostro corpo hanno di muoversi ha un riflesso a livello cerebrale: maggiore è la dimensione della parte del corpo raffigurata, maggiore è la relativa precisione e finezza di movimento. Le diverse parti del corpo risultano deformate, poiché ci sono più neuroni dove è necessario un controllo più fine rispetto a parti del corpo in cui il controllo motorio è più grossolano.
L’homunculus somatosensoriale
Questo strano personaggio, divertente e sproporzionato, è una riproduzione della nostra abilità sensoriale e della precisione dei nostri movimenti!
La trasformazione visuomotoria
Riportando questo concetto allo sviluppo del bambino notiamo che egli, quando gioca, utilizza tantissimi oggetti e strumenti e pertanto avvengono nel suo cervello delle modifiche grazie alla plasticità neuronale: per afferrare un oggetto deve avvenire una trasformazione visuomotoria, il movimento si adatta letteralmente all’oggetto che la mano deve afferrare, si passa da un formato visivo dell’oggetto (vederlo nello spazio, coglierne le caratteristiche) ad un formato motorio (compiere il movimento adeguato ad afferrare quel determinato oggetto). C’è un’integrazione tra percezione e azione e tutto ciò è strettamente connesso alla mano.
L’elaborazione del pensiero nell’uomo
La presa a pinza, palmare e a coppa, l’utilizzo di una mano per tenere un oggetto e con l’altra lavorarci sono gesti antichi che l’uomo nella storia dell’umanità ha già compiuto e che ogni bambino ripete: attraverso l’utilizzo della mano l’uomo ha elaborato il pensiero. A partire dall’utilizzo della mano il bambino scopre il mondo, attraverso la relazione con gli oggetti che vengono toccati e manipolati il bambino attiva tutta una serie di apparati neurali: Montessori diceva che i bambini pensano con le mani e fare educazione consente di modellare il cervello.
Le aree sensoriali e motorie della corteccia inoltre sono in relazione reciproca: il nostro cervello ha bisogno di fare esperienze tattili e motorie per giungere successivamente a costruire funzioni più complesse, come ad esempio il linguaggio.
Ecco perché, in sintesi, i bambini che usano maggiormente le mani e ai quali viene promossa l’autonomia, aiutandoli a fare da soli, saranno in seguito più intelligenti!