Suggerimenti per dialogare coi bambini sul tema “cacca”.
E’ un dato di fatto, tra i tre e i cinque anni soprattutto, la cacca è una delle parole preferite. I bambini ridono, ridono, ridono… sembrano posseduti da una risata sciocca e senza senso.
I termini preferiti dai bambini sono quelli che si riferiscono ai bisogni corporei. Forse questo è un modo per esprimere curiosità e soddisfazione verso un’acquisizione che li fa sentire grandi (andare in bagno senza pannolino).
Gli adulti dimostrano particolare fastidio verso questi termini ripetuti dai figli, sviluppano imbarazzo, insofferenza, impotenza e i bambini su questo fanno ancora più leva. Il bambino non capisce ancora il contenuto trasgressivo della parola ma la percepisce come un jolly da tirare fuori nei momenti particolari.
Questo succede a casa ma anche a scuola, ed è per questo che in classe abbiamo letto il libro “Chi me l’ha fatta in testa?” di Werner Holzwarth e Wolf Erlbruch, testo che ho scelto per affrontare la questione che stava diventando davvero snervante, è un libro che parla di cacca in tutte le sue diverse forme!
Una mattina in cerchio ho detto ai bambini: “Oggi parliamo di una cosa importantissima, oggi parliamo di cacca!”, alcuni sono scoppiati a ridere, altri mi hanno guardata chiedendosi se stessi scherzando o fossi seria, ma con quel sorrisino intrigato e divertito che gli faceva brillare gli occhi. “Si si, avete capito bene, oggi parliamo proprio di cacca…guardate vi ho portato un libro…cosa vedete qua?” “La cacca!!!” e giù a ridere.
Non c’è niente di più potente che togliere la censura, svelare, dare voce a ciò che pare proibito per liberare e dissolverne la portata…
Del resto, vale anche per le parolacce, tutti ci hanno detto che non si fa, che è maleducazione, ma nessuno ci ha mai raccontato e spiegato perché è così liberatorio dirle.
Ho iniziato a usare la parola incriminata anche io: “Maestra cosa fai?” “La cacca!” e giù a ridere di nuovo. Ecco fatto! Ridere, il segreto è ridere. Ridere, esorcizzare e poi, solo allora dialogare liberamente e affrontare la questione.
Che dire, nel giro di due giorni tutto è rientrato. Provare per credere.
Dott.ssa Laura Mazzarelli