fbpx

Parlare della morte ai bambini

Le domande esistenziali dei bambini.

Come si fa a parlare della morte? I bambini percepiscono, chiedono, vogliono sapere e lo fanno con maggior insistenza quando percepiscono che un determinato argomento ci mette in difficoltà e non sappiamo come affrontarlo.

Parlare della morte significa parlare del mistero della Vita, parlare della morte significa non poter spiegare con la mente, significa contemplare senza razionalizzare, significa arrendersi a qualcosa che ci trascende. Parlare della morte significa essere messi dai bambini con le spalle al muro perché loro inevitabilmente chiederanno della nostra morte: “E tu quando morirai? Se io cresco, poi tu muori e io allora non voglio crescere. Ma dove si va quando si muore? ” . Questo significa fare i conti con la nostra paura, con la nostra visione della vita, con la nostra dimensione spirituale.

I bambini hanno bisogno di verità, hanno bisogno di poter parlare di questo aspetto e ce lo chiederanno nei momenti più impensati, quando noi non siamo pronti, sarà così, come una porta in faccia: “Sbam!”. Quindi occorre rifletterci, tenere aperta in noi la domanda, sostarci.

Non possiamo più mettere la testa sotto la sabbia, edulcorarci la pillola raccontandoci che i bambini avranno tempo per capire che la vita è anche sofferenza, filtrare le fiabe togliendo gli antagonisti perché i bambini si impressionano, perché dobbiamo dircelo: siamo noi che non sappiamo gestire il loro eventuale sgomento, siamo noi che tremiamo dentro quando arriva la strega cattiva o compare il lupo, siamo noi che abbiamo paura della loro paura. I bambini si rivolgono a noi, a quegli adulti “sufficientemente buoni” come diceva Winnicott, perché prima di tutto vogliono essere accolti, vogliono essere accompagnati, contenuti, vogliono depositare le loro emozioni, vogliono il contenimento emotivo come sfondo e premessa di qualsiasi risposta, su temi per i quali una risposta giusta non esiste.

Il mistero si contempla, non si spiega, e da sempre l’uomo fa ricorso ai miti, alle religioni, ai rituali per accompagnarsi nel vivere la morte. I bambini hanno bisogno di questo, del linguaggio analogico, di sentirsi raccontare che ci sono dei fili invisibili che ci uniscono al di là della dimensione concreta e tangibile di questa vita. Hanno bisogno di essere accompagnati a sentire la dimensione della presenza attraverso il ricordo, hanno bisogno che gli venga narrata la storia dei loro avi attraverso i piccoli gesti quotidiani “Questa è la torta che faceva la nonna, il nonno diceva sempre così….”, di sentirsi eredi di riti e modi di essere che costruiscono la loro identità e li rendano orgogliosi di essere portatori di qualcosa di prezioso.

I bambini hanno bisogno di sapere che il contrario di morte non è Vita ma è nascita, e che la Vita le racchiude entrambe. Come il seme muore per dar vita a una pianta, come l’albero perde tutte le sue fogli ciclicamente, ma continua a esistere. Come noi, che ci siamo rincontrati qua ma che prima ci eravamo già incontrati ed eravamo tutti insieme nel paese dell’Avvenire e quando il mago del Tempo ci ha chiamati abbiamo preso il nostro sacchettino di qualità e siamo venuti a sperimentaci in questo mondo per imparare ciò che era destino che apprendessimo per poi salutarci nuovamente e andare nel paese del Ricordo. Lì vanno le persone che ci lasciano e la cui presenza resta viva in noi come sentimento concreto di amore puro e terso.

E’ solo un’ipotesi questa ce ne potrebbero essere molte altre ciò che conta è che i bambini hanno bisogno di poter nutrire il loro essere attraverso il sentimento di unità della Vita, ecco la responsabilità di coltivarlo in noi. Altrimenti, così piccoli, vivrebbero lo strappo, la lacerazione, il vuoto, l’angoscia senza essere provvisti della capacità meta cognitiva di elaborazione in autonomia, loro hanno bisogno di poter dare parola e di sperimentare che è possibile narrarsi ma soprattutto essere accolti, da adulti consapevoli.

I nostri piccoli hanno bisogno di noi per essere accompagnati a elaborare, anche facendoli partecipare ai funerali, come rito di passaggio o come festa del commiato, come momento di profondo ringraziamento a una persona che salutiamo. E se temiamo che per loro sia un trauma o pensiamo di recargli sofferenza proviamo a pensare come ci sentiremmo noi se qualcuno ci impedisse di partecipare al saluto di una persona cara, ci negasse con una bugia la possibilità di dire il nostro addio negandoci la possibilità di elaborare il lutto. Questo sta succedendo ora a molte famiglie colpite dal dramma del Covid-19 e questo è uno strappo, un trauma, un dolore che si aggiunge al dolore.

I bambini hanno bisogno di sapere che non verranno tenuti all’oscuro di cose importanti e questa certezza risparmierà loro un’ansia incessante. Se siamo sinceri e onesti con loro, sapranno che possono contare su persone degne di fiducia, e almeno il dolore della perdita sarà sostenuto e compensato dalla certezza di relazioni che possano infondergli sicurezza, lealtà, condivisione. Così, guardando un cielo stellato potranno sentire, nel loro cuore, di non essere soli, perché l’Amore sopravvive alla morte.

Dott.ssa Laura Mazzarelli

APPROFONDIMENTO WEBINAR REGISTRATO >> Raccontare la morte ai bambini

CONDIVIDI

Richiedi informazioni

"*" indica i campi obbligatori

Questo campo serve per la convalida e dovrebbe essere lasciato inalterato.