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emozioni e cognizione unite

I marcatori somatici: emozioni e cognizione non sono disgiunte

Quella faccenda del solco, o per essere scientifici, del marcatore somatico, ve la racconto con un’esperienza vissuta in classe, alla scuola dell’infanzia.

Quando iniziamo a lavorare lei si blocca e mi guarda. E’ potente la reazione del corpo, gli adulti possono leggere sul corpo i segnali di disagio che sconquassano interiormente un bambino e che da qualche parte devono manifestarsi: maniche tirate e arrotolate, sguardo fisso, rossore in volto, movimento eccessivo, paralisi…

Il corpo racconta ciò che l’essere umano ancora non sa decodificare ed esprimere verbalmente.

Torniamo a lei. Le consegno il materiale per l’attività e inizia a irrigidirsi. La guardo, le sorrido, le chiedo: “Tutto ok?”. Annuisce, ma è evidente che niente è ok.
Le chiedo: “Sei spaventata?” fa un cenno affermativo col capo.  “Riesci a capire di cosa hai paura?” “Di sbagliare”. Fa una fatica pazzesca a trattenere le lacrime.
“Ok adesso sappiamo come si chiama questa paura. Teniamola qua perché questa paura ci aiuterà a trovare il coraggio.”
Mi guarda, accenna ad un sorriso che implora aiuto.
Proseguo: “Ora facciamo tre bei respironi …uno…due…tre… e adesso ci ricordiamo insieme che cosa è successo l’altra volta facendo questo lavoro…eravamo qua e tu hai pianto, giusto?”
“Si, perché avevo sbagliato” “E poi cos’è successo?” “E poi è successo che tu sei arrivata.” “E cosa ti ho detto?”  “Mi hai spiegato e ho capito.” “E poi? Avevi ancora paura?”
“E poi non ho sbagliato più e ho imparato”
“Quindi adesso che ci siamo ricordati di questa cosa sappiamo che quando la maestra ti spiega tu capisci e impari, quindi quello che ci serve è il coraggio di provare. Proviamo? “Si”
Le spiego con calma, mi faccio ripetere la consegna per assicurarmi che abbia capito, aspetto che inizi.
“Ok, hai visto che riesci? Come ti senti adesso?”  “Tranquilla.” Mi sorride.
“Vado dai tuoi amici e se hai bisogno, se hai paura, o se per caso sbagli perché può succedere a tutti, mi chiami”. Facciamo la “promessa col mignolino” e mi allontano.
Mi chiama raggiante poco dopo soddisfatta, riappropriatasi appieno delle sue competenze e della fiducia in se stessa.
Non so se basterà questa esperienza, se ne serviranno altre e quante a tracciare un solco positivo ma so che andremo avanti fino a quando tutto questo non sarà interiorizzato.

Di fronte a una consegna il bambino si crea delle aspettative, anticipa il valore soggettivo di possibili finali e delle loro conseguenze e ciò riflette l’esperienza che il bambino già possiede e che si aggiorna ad ogni esperienza successiva.

Questo crea un “solco”, un marcatore somatico come lo ha definito il neuroscienziato Antonio Damasio, nel suo bellissimo libro “l’errore di Cartesio”.
Secondo questo modello ogni volta che dobbiamo prendere una decisione si riattivano le memorie somatiche piacevoli o spiacevoli di situazioni simili sperimentate in precedenza che, attenzione, non necessariamente sono consapevoli e coscienti, ma agiscono!
Ecco allora che questi solchi, queste tracce, questi marcatori somatici indicano che le emozioni agiscono direttamente sulla cognizione influenzando positivamente o negativamente l’agire.

Sono collegati a specifiche regioni cerebrali, come l’amigdala, il talamo e la corteccia, che giocano un ruolo cruciale nell’apprendimento e nella valutazione emotiva delle situazioni.
Il marcatore somatico guida i nostri comportamenti, funziona da allarme che ci protegge da quelle possibili situazioni che per la nostra esperienza sono negative o da incentivo che ci fa dirigere verso scelte che associamo a sensazioni positive.

Torniamo indietro ora, torniamo a lei. Guardate ora il potere dell’educazione, della relazione, la responsabilità dell’insegnante di spostarla dal marcatore somatico che le dice “allarme, paura, errore, blocco” a quello di crearne uno nuovo, più profondo, più solido che le dica: “Prova, ce la puoi fare, tu sei capace, è bello”.
Questo è ciò che significa, scientificamente e non solo etimologicamente, insegnare: “lasciare il segno”.
Possibilmente un solco funzionale, in cui metter dentro un seme.

Laura Mazzarelli

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