Alberi illuminati, suoni di zampogne, pan di zenzero e cannella e poi lui, Babbo Natale. Lo si vede per le strade, nei centri commerciali, per le piazze che accolgono i mercatini natalizi, lo si vede ovunque e i bambini sanno che non è quello vero!
Chi è davvero Babbo Natale? Un vecchio buono con barba e baffi bianchi, vestito di rosso, che porta i regali ai bambini ma è anche molto, molto di più. I bambini lo sanno, dotati di quella straordinaria capacità di credere in ciò che non si vede, loro che sanno vivere in modo autentico l’esistenza di ciò che è mitico, misterioso e magico.
Poi ci siamo noi, quegli adulti arrugginiti che hanno bisogno di fatti tangibili, di toccare con mano, di provare per credere, desiderosi di convincere i più piccini che Babbo Natale esiste per davvero.
Così accade che ogni anno ci prodighiamo in opere di convincimento per far in modo che il nonno, che non deve farsi riconoscere, possa acconsentire a travestirsi con barba bianca e una casacca rossa col panciotto per mostrarsi ai bambini. Noi, soddisfatti, li incitiamo il giorno seguente a condividere l’evento con il resto dei parenti: “Dai amore, racconta, ma chi è arrivato ieri a casa nostra?”. Forse per far sentire i bambini privilegiati, forse perché è divertente, forse perché si è sempre fatto così, come nelle scuole in cui, di norma, alla vista del vecchio estraneo col vocione, col capo coperto e la barba lunga alcuni bimbi scoppiano in lacrime.
E noi, puntualmente, ogni anno queste lacrime le ignoriamo e chiediamo ai bambini di sedersi in braccio all’imponente sconosciuto per una foto ricordo, magari dopo che per tutto l’Avvento gli abbiamo attribuito il ruolo di controllore del comportamento dei più piccoli.
Che si fa per supportare i bambini che vivono questa paura? Si legge quel segnale molto saggio e si torna ad interrogarsi sul valore di Babbo Natale.
Che cosa ci chiedono davvero i bambini? Val la pena fare silenzio, silenzio in un momento di frenesia, vivere l’Avvento, la preparazione. Fermiamo tutto e ri-cor-diamo (riportiamo al cuore) quel Babbo Natale che ha caratterizzato la nostra infanzia. Quegli adulti di riferimento che ci raccontavano le fiabe, che ci facevano respirare la magia del Natale attraverso le loro azioni che veicolavano sentimenti. Chiudiamo gli occhi e torniamo a guardare con nostalgia quell’adulto che insieme a noi scaldava un bicchiere di latte e lo metteva, insieme ai biscotti che avevamo preparato, sotto al caminetto o accanto alla finestra, insieme alle carote per le renne… Quell’adulto che ci ha insegnato ad essere riconoscenti verso Qualcuno che non è mamma e papà e che si ricorda di tutti i bambini indistintamente, facendoci sentire amati di un Amore più grande che contiene tutti.
Babbo Natale, non visto, consente al bambino di vivere un percorso di ordine interiore, di sentirsi amato incondizionatamente di quell’Amore universale.
Proviamo a ricordare l’emozione pura di quella notte magica in cui non volevamo mai andare a letto e di quel mattino seguente in cui, con un pigiama felpato troppo lungo, scendevamo le scale di corsa con la fiducia incondizionata di trovare i doni sotto l’albero.
Eravamo saggi un tempo, noi adulti di oggi, perché prima di scartare i pacchi lucenti, andavamo a contemplare quel bicchiere di latte mai completamente vuoto e quelle briciole intorno al piatto, segno che Babbo Natale aveva potuto ristorarsi un po’ grazie a noi, prima di ripartire per onorare e rispondere alla sua missione.
I bambini non hanno bisogno di regali ma del DONO autentico che possiamo fare loro tutte le volte che incontriamo Babbo Natale, quello vero, dentro di noi. Tutte le volte che riscopriamo la magia dentro di noi. I bambini ci chiedono una comunicazione esistenziale senza parole, veicolata da riti e simboli.
La magia si crea, si vive, non ha bisogno di camuffamenti, per i travestimenti c’è il Carnevale!
dott.ssa Laura Mazzarelli