Royal Family

Da Vanity Fair – I bambini della royal family non siedono a tavola con gli adulti. Imitarli o no?

A seguire l’articolo pubblicato da Vanity Fair in data 07 settembre 2023, in cui rilascio un’intervista parlando dell’importanza del pasto nella relazione familiare.

Durante feste o ricorrenze, il cosiddetto «tavolo dei bambini» è spesso un classico, uno stratagemma che permette ai piccoli di divertirsi e agli adulti di godersi un pranzo rilassato. «Nulla di sbagliato – commenta la pedagogista – a patto però che si tratti di una piacevole eccezione e non di una prassi quotidiana». Ecco perché

Tra le usanze della royal family o meglio dei principini Louis, Charlotte e George c’è quella di mangiare separati dai genitori Kate e William, durante le vacanze e le cene ufficiali.
A rivelarlo ad Harper’s Bazaar è stato l’ex chef reale Darren McGrady, che per molti anni ha lavorato alla corte della Regina Elisabetta. Lo chef ha spiegato che questa regola nasce dall’importanza che viene data dai reali ai dettami della «buona conversazione». Secondo McGrady, infatti, i tre figli di William e Kate «non possono sedersi con gli adulti finché non hanno imparato l’arte della conversazione educata». Una regola che non prevede eccezioni, nemmeno a Natale.
Nulla di troppo strano, in realtà, se pensiamo che quella di allestire il «tavolo dei bambini» è una pratica comune a molte famiglie, durante le feste come durante occasioni formali. E anche se, nelle famiglie commoner, non è certo la necessità di far apprendere ai bambini l’arte della buona conversazione, a guidare tale scelta, quella di separare i piccoli dagli adulti durante il momento dei pasti, rappresenta comunque in tante occasioni una soluzione strategica. Qualche volta per questioni di spazio, più spesso per permettere agli adulti di godersi un pranzo rilassato, evitando la nenia dello «stai composto», «giù i gomiti», «non alzarti», e consentendo ai bambini di non dover stare a tavola sottostando ai tempi, spesso insopportabilmente lunghi, dei grandi.
«Il tavolo dei bambini ha sicuramente un valore positivo – sottolinea Laura Mazzarelli, pedagogista e fondatrice de Il Cammino Pedagogico. – Si tratta infatti di un’occasione che consente ai bambini di stare tra di loro, di conversare su argomenti a loro comuni, e di potersi alzare per andare a giocare una volta che hanno finito. Senza contare che di solito, durante le ricorrenze, gli adulti dialogano spesso tra di loro e i bambini sarebbero comunque messi da parte. Meglio quindi che ci sia un tavolo per i piccoli. D’altro canto, non sono certo le occasioni di festività quelle in cui si insegna ai bambini a stare a tavola. Quel tipo di apprendimento avviene nel quotidiano, con mamma e papà, quando si condividono i pranzi e le cene».

Il momento del pasto nella quotidianità

Se dunque durante feste ed occasioni speciali, non c’è nulla di male a predisporre tavoli separati per bambini e adulti, il discorso cambia nella quotidianità, dove il momento del pasto rappresenta, anche se spesso si tende a sottovalutarlo, un’occasione di condivisione fondamentale.
«Questo va insegnato ai genitori più che ai bambini – sottolinea la pedagogista. – Sono infatti gli adulti che vivono il momento del pasto come “ti dò da mangiare, così ti ho nutrito rispondendo al tuo bisogno fisiologico”. Il cibo invece porta con sé un enorme valore relazionale e culturale. Basti pensare che gli adulti, quando vanno al ristorante, lo fanno per ritrovarsi, per condividere, non certo solo per «alimentarsi». Il momento del pasto è il momento in cui l’adulto dovrebbe cercare di coinvolgere il bambino, narrando del quotidiano e non facendolo mangiare e basta».

Il «tavolo dei bambini» non può diventare una prassi quotidiana

Alla luce di questo, anche l’abitudine di alcuni genitori di far mangiare prima i bambini non sembra essere una buona idea…
«Se io faccio tutti i giorni il tavolo dei bambini, cioè li faccio mangiare sempre da soli, i bambini non avranno un modello di riferimento e non potranno contare sulla condivisione in famiglia – spiega la dottoressa Mazzarelli.- Nella vita di tutti i giorni far mangiare prima i bambini risponde a un bisogno dell’adulto ma non è funzionale ad educare i piccoli al momento del pasto. Senza contare che il bambino si ritrova ad avere tutta l’attenzione puntata addosso e a nessuno piace mangiare così. Il bambino si sente come ‘qualcosa da sistemare’ e non come un componente della famiglia che si siede e cena con gli altri per trascorrere un momento insieme».

Buona educazione a tavola: come insegnarla ai bambini

Per quanto riguarda le «questioni di etichetta», poi, condividere il momento del pasto è anche un modo per insegnare le buone maniere a tavola.
«La buona educazione si impara attraverso l’esempio – spiega la dottoressa Mazzarelli. – I bambini apprendono attraverso l’imitazione, basandosi sui cosiddetti neuroni specchio. Osservando i movimenti dell’adulto, il bambino attiva cioè nel suo cervello dei circuiti che lo portano ad imitare naturalmente ciò che vede. Quando invece cerchiamo di insegnare la buona educazione a parole, spiegando, ci basiamo su un’astrazione, che il bambino non può recepire in modo immediato. È importante quindi che siano gli adulti a testimoniare una buona educazione a tavola».
Ovviamente senza pretenderla da bambini ancora molto piccoli…
«Molti genitori si lamentano perché a 2 o a 3 anni il bambino non sta seduto a tavola composto – chiarisce la pedagogista – tuttavia è assolutamente normale: in questa fase dello sviluppo, infatti, il bisogno motorio del bambino non prevede che stia seduto composto ma che manipoli il cibo, che si alzi da tavola per giocare una volta che è sazio… Per questo la strategia dell’adulto deve essere quella di cercare di coinvolgerlo, anche attraverso la preparazione del momento dei pasti che prevedono azioni come, ad esempio, apparecchiare la tavola».

La valenza psicologica del cibo

«Non dobbiamo dimenticare infine che mangiare è un’attività biologica rivestita di funzione psicologica e relazionale molto profonda, solo dopo diventa anche pedagogica- conclude l’esperta. – Stare a tavola in modo educato prevede che il bambino accetti le regole che gli servono e lo fanno sentire bene, per avere questo il bambino deve essere sereno sull’aspetto biologico e psicologico. Perché non ci si alimenta solo di cibo ma anche delle emozioni con cui viene ingerito».

Ringrazio Vanity Fair e Francesca Gastaldi
Fonte Vanity Fair online: I bambini della royal family non siedono a tavola con gli adulti. Imitarli o no?

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