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Come parlare della guerra ai bambini?

Come parlare della guerra ai bambini?

Tante persone mi rivolgono questo quesito e la prima cosa che mi viene da dire arriva dal pensiero di Winnicott: “la realtà non va né nascosta né sbattuta in faccia in modo angosciato, ma va presentata”.

I bambini capiscono perfettamente il cambiamento del tono di voce e il nostro imbarazzo rispetto alle tematiche che ci mettono in difficoltà. Pertanto potrebbero sviluppare alcune paure in merito a qualcosa che non conoscono o che interpretano male e mettere in campo di conseguenza comportamenti apparentemente illogici.

Per prima cosa ascoltiamo: è il bambino che chiede o siamo noi che ci sentiamo in dovere di spiegare? Leggo post di persone che chiedono come spiegare la guerra a bambini di due anni e mezzo anni e resto perplessa.

Chiarito questo, se si vuole far arrivare un messaggio al bambino che pone domande è bene dedicargli un momento di calma e una presenza consapevole ed empatica. “Presentare la realtà” implica tener conto dello stadio di sviluppo del bambino, della sua capacità di comprensione del linguaggio e di come funziona il suo pensiero, oltre che della sua sensibilità.

Da 0 a 6 anni ad esempio il bambino è immerso nel suo mondo, nella sua fase egocentrica e fatica a comprendere la complessità della realtà, che per lui resta un’astrazione. Però il bambino vede e ascolta: guarda immagini alla televisione, ascolta i discorsi degli adulti, si sintonizza sulle loro emozioni. Al bambino piccolo arrivano sempre prima le nostre emozioni che i nostri discorsi e pertanto, se l’adulto sarà triste, spaventato e ansioso il mondo del bambino non sarà un posto sicuro.

Occorre fare attenzione al fatto che i bambini così piccoli vedano in tv macerie e case che crollano: per un bambino più che mai la casa è il luogo simbolico di sicurezza e contenimento, è lo spazio dell’individuazione, è una delle sue certezze.

Ad un bambino di questa età si può parlare di litigio, un litigio estremizzato che porta a far rompere tutto, riportando alla concretezza della sua esperienza. La contesa di un gioco, il voler a tutti costi quel gioco che finisce per rompersi e dove tutti finiscono per piangere e farsi male….da qui si può parlare delle emozioni reali che il bambino vive in quei momenti e testimoniare un costante atteggiamento educativo che miri ad educare alla pace.

Una frase che è stata molto pubblicata sui social in questo periodo è quella di Maria Montessori che recita: “tutti parlano di pace ma nessuno educa alla pace”, ed è proprio a partire dalle piccole occasioni quotidiane e dalla nostra consapevolezza educativa che si educa alla pace, non facendo bandiere arcobaleno e poi isolando i bambini in castigo su una seggiolina.

Coi bambini più grandicelli della scuola primaria, oltre a proseguire questo lavoro di lettura, comprensione e regolazione delle emozioni occorre offrire modelli di pace: leggere con loro le biografie di persone che hanno testimoniato e costruito la pace e discuterne insieme, da Gandhi a Madre Teresa. Occorre connettere ciò che arriva dal mondo esterno con ciò che provano. Farli riflettere su ciò che li fa arrabbiare, sulla loro istintività, elevarli ad un livello di coscienza superiore, connetterli con la loro dimensione etica, attraverso immagini culturali significative.

E’ importante condividere direttamente con i bambini anche le nostre preoccupazioni e le nostre emozioni senza negarle visto che comunque circolano tra le mura domestiche. Ahimè,  il mondo non è idilliaco e non possiamo proteggerli in modo esasperato né tantomeno illuderli, possiamo accompagnarli ad attraversare la vita, testimoniando la nostra capacità di attraversare le emozioni e di non farci travolgere da esse.

Infine, l’energia va dove c’è attenzione! Smettiamo di parlare di guerra e potenziamo la condizione di pace, di aiuto, di comprensione, ogni giorno nelle nostre mura di casa e nelle nostre aule, attraverso le nostre parole, il nostro tono di voce, i nostri gesti, i nostri sguardi.

Smettiamo di salutarci a pugni e gomitate, che a livello simbolico sono imbarazzanti e iniziamo a sostituirli magari con un inchino e con il sorriso degli occhi: il nostro inconscio assorbe i messaggi di pace più di quanto possiamo immaginare.

Dottoressa Laura Mazzarelli

 

APPROFONDIMENTO WEBINAR REGISTRATO >> Le paure dei bambini: accoglierle e superarle

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